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Diller + Scofidio, i provocatori

I maestri dell'architettura teatrale

Vorrei iniziare questa recensione con una frase del architetto Antonello Marotta che considero definisca molto bene la filosofia di quello che è la filosofia del gruppo Diller + Scofidio, ed è la seguente: “ Non è facile penetrare nell'universo di Diller + Scofidio, se non attraverso il loro sguardo, disincantato ed e scrutatore, ironico e paradossale, che analizza con una coscienza critica, spesso scioccante, la società che stava trasformando i propri rituali comportamentali, sollecitata dai nuovi media e dalle tecnologie elettroniche.” Con questa riflessione si veda la approccio che fin dal inizio questo gruppo a con la tecnologia, cercano sempre si usare gli elementi tecnologici integrandoli con la architettura come nessuno ha mai fatto, con questo non voglio dire che usano le nuove tecnologie nel punto di vista strutturale del edificio, sino che lo usano come strumento per generare delle nuove coscienze nelle persone che vivono i suoi edifici, un esempio di questo lo possiamo notare nel progetto Jump Cuts, United Artists Cineplex Theater, San Jose, California, 1995 dove gli architetti usando delle schermate mettono delle immagine video del interno del edifico, proiettando così ciò che accade all'interno, questo permette che dall'esterno possa essere vissuto l’interno senza bisogno di entrare,  sono come degli occhi, da un punto di vista etimologico mi riferisco che così come gli occhi sono lo specchio dell’anima, questi schermi sono lo specchio di ciò che accade all’interno e le persone sono l’anima movente di un edificio che diventa dinamico.
     Nella casa virtuale D+S centrano la sua ricerca nella così chiamata casa lenta, una casa in forma di curva nel quale in luogo critico, quello più stretto e ceco, mettono uno schermo come sostituzione di una finestra, che diventa un punto comunicante questa volta dall'interno verso l’esterno, la telecamera che filma non è messa per motivi di sicurezza, ma e un modo di avere una finestra la dove si può, di tenere un collegamento virtuale con il contesto che ci circonda dato che lo schermo è relazionato con il hardware e la finestra no.
     Numerevoli sono le dimostrazione escenografiche e teatrali di Diller + Scofidio, nell libro (Diller + Scofidio il teatro della dissolvenza, 2005 pag: 36-35) viene evidenziato ad esempio il Moving target, Palais de Beux-Arts, 1996 “recuperano una straordinaria intuizione, realizzata nell’istallazione Delay in Glass, di una macchina congegno- piano ruotato da 45 gradi, uno specchio che ribalta la realtà, gli stessi assi verticali-orizzontale, il senso della gravità fisica.”  E così come gli architetti permetto agli spettatori di vedere le cose di un punto di vista diverso al quale non sono abituati, generando così non solo delle immagine nuove ma pure delle nuove sensazioni che si mischiano in un scoprire di nuove realtà, ribaltando così lo specchio di 45 gradi si ottenne una immagine non solo dall'alto ma gli attori sdraiandosi per terra riescono a liberarsi delle condizionante della gravita, e creare delle presentazione che con molta immaginazione creare dei movimenti che nella realtà non potrebbero essere compiuti.
     Nel edificio Whitney Museum di New York il gruppo creatore genera un edificio che è agli occhi di passanti molto leggero, si tratta di un nastro che si piega cambiando dimensioni di spazzi diversi e nelle intersezione crea dell’aree miste che possono inclusive generare delle confusione, certamente volute delle persone, è un scoprire, un mischiare le realtà delle funzione, un percorre un edificio che sia dell’esterno che dall'interno vivere il nastro.
    Per ultimo vorrei indicare quello che Antonello Morotta descrive come un paesaggio interattivo, dove praticamente gli utenti vengono trasportati un paesaggio virtuale come direbbe l’architetto Antonino Saggio, nel quale si crea una realtà di contatto attraverso gli spruzzi di acqua, si crea un paesaggio che mi ricorda allo spruzzo di acqua situato nel lago di Ginevra con la differenza, che questo qua del Blur-Building, Lake Neuchatel, è realizzato nel senso orizzontale e si riesce a percorrere e perdersi dentro l’acqua entrando così in un mondo diverso, e perché no, divertente.

Autoritrato

Il fiume Tevere, fiume che vide nascere Roma è stato dal inizio trascurato  già gli antichi romani allora fecero finire le acque nere della cloaca massima nel fiume, nell'attualità, il fiume non ostante tutto permette di avere le viste stupende, ma non viene sfruttato al massimo, al di la del discorso della sua contaminazione, la unica attività prevista è una pista ciclabile che non è manco fatta bene perché non è asfaltata. Quindi bisognerebbe far interagire il teiere con la città, che ci siano dei percorsi ben definiti ed sfruttabile e che non sia un luogo notturno di paura e prostituzione. 



In diversi punti della città ci sono dei vuoti che potrebbero essere riempiti con delle idee architettoniche e potrebero riqualificare il fiume, così come sono percorribili il fiume Thamesis a Londra e altri in Europa. Doviamo quindi ripensare totalmente il Tevere da 0 e darli tanti attività e metere delle funzione come musei atorno il fiume, cercare di deviare in qualche maniera il traffico in alcuni punti condei grossi investimenti e pure che ci possano essere della navette pubbliche che ti possano trasportare da un lato de la città al'altro 



Crisi di Tevere Cavo 

Io, Robot (I, Robot) è una raccolta di racconti di fantascienza di Isaac Asimov, del 1950. Contiene 9 storie scritte fra il 1940 e il 1950, che hanno per protagonisti i robot positronici. Sono basate sul tema delle tre leggi della robotica, sulle loro contraddizioni e le loro apparenti falle. Le storie sono scritte in modo da essere ognuna indipendente dalle altre e hanno un tema che conduce all'interazione fra il genere umano, i robot e la morale, e combinati insieme ci danno un'ampia visione dell'opera di Asimov sulla robotica. È precedente a Il secondo libro dei robot e a Antologia del bicentenario. I racconti principali contenuti in questo libro per sviluppo dell'Universo della fondazione, sono stati poi riuniti in Tutti i miei robot. (wikipedia)

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